martedì 29 marzo 2011

Le ondate migratorie



Uno striscione con volti sorridenti e mani forti a sorreggerlo campeggia nel Villaggio della Solidarietà a Mineo (CT); c’è il simbolo de La Destra, con il pugno che stringe la fiamma ed una scritta in blu (con l’involontaria ironia di ricordare il colore del Mediterraneo protagonista dei recenti accadimenti) che comunica il pensiero di dirigenti e militanti: “Clandestini? No, grazie!”. E’ solo l’interpretazione di un pensiero ed un sentire diffuso in quelle zone, che sta allargandosi anche a territori storicamente ospitali come Lampedusa.Nonostante le rassicurazioni del Ministro Maroni la situazione è al collasso. Il rapporto fra la popolazione e gli immigrati è di 1:1 (con gli sbarchi di stanotte è aumentato nei confronti dei secondi) e le stime sull’ondata migratoria non sono ottimistiche. Non va dimenticato che le migliaia di immigrati giunti sono prevalentemente tunisini, figli della rivoluzione che ha portato alla fuga di Ben Alì. Ciò significa che c’è da attendersi un massiccio flusso migratorio, visto che il Nord-Africa sta iniziando il grande processo di lotta per la libertà e l’acquisizione dei diritti negati: Tunisia, Libia, Egitto, Siria e Yemen.
La giustificazione che questa sia un’emergenza senza precedenti non regge più: si tratta di una emergenza annunciata, alla quale l’Italia non è preparata. Oggi, all’evidente carenza politica e di organizzazione turistica si aggiunge l’inadeguatezza di un’Europa che si riscopre conservatrice ed unita solamente in nome di rapporti commerciali e della moneta unica. Lo si vede nella gestione della crisi libica, lo si vedrà quando si accorgeranno che Gheddafi non è un cliente facile dal quale ci si liberà sbrigativamente.
Ma la cosa che più preoccupa e sulla quale dobbiamo tenere alta l’attenzione, anche e soprattutto quando i riflettori della ribalta mediatica caleranno, è la condizione umanitaria drammatica dei rifugiati politici e degli immigrati clandestini. A Lampedusa, come era inevitabile che fosse, si è entrati nel vortice dell’emergenza igienico- sanitaria.
Un’ immagine colpisce particolarmente il cuore di chi oggi vede l’Isola maggiore delle Pelagie: le telecamere ed i fotografi hanno progressivamente smesso di avvalersi dei “primi piani”, che descrivevano nel i volti degli immigrati, per dedicarsi al “grandangolo”. Al dettaglio della figura umana si è passati ad un angolo di ripresa più ampio, per descrivere l’umanità nel complesso, stipati su una collinetta, in protesta contro le condizioni disumane di quello che sempre più si trasforma dal viaggio della speranza al “villaggio-lager”. 
Quell’umanità che noi oggi, abbiamo il dovere morale e civile di recuperare

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